L’effetto delle droghe sull’ascolto della musica

Come già da tempo è risaputo, il semplice ascolto di musica è un’esperienza che induce cambiamenti fisici e psicologici: variazioni nel sistema vegetativo, secrezione di ormoni, variazioni nel battito cardiaco e nel respiro; inoltre, riduce lo stress, influenza l’umore, aumenta il sentimento di appartenenza ad un gruppo.
Pare che l’ascolto di musica mentre si è sotto l’effetto di sostanze dia la percezione che quello che si ascolta sia in qualche modo migliore: le sostanze alterano l’esperienza di ascolto. Studi scientifici (Lam, Jadavji, 2018) hanno però dimostrato che c’è differenza tra sostanza e sostanza.


Le differenze tra le sostanze e i loro effetti

Nel caso della cannabis, ad esempio, non tutti i tipi sortiscono lo stesso effetto. La sinergia piacevole di cannabis e musica è possibile soltanto se oltre al THC (responsabile di euforia, rilassamento, appetito e disorientamento spazio temporale) è presente anche una precisa quantità di cannabidiolo (responsabile degli effetti rilassanti e antinfiammatori).

Altre ricerche (Kaelen, Roseman, Kahan, 2016) hanno dimostrato che, invece, l’LSD è in grado di aumentare l’emozione evocata dalla musica, generando una maggior propensione a sentimenti di meraviglia, trascendenza, potere e tenerezza. Gli studi sull’imaging cerebrale (Cahrhart-Harris, 2016) evidenziano anche come l’assunzione di LSD durante l’ascolto di musica sia associata alla stimolazione di una parte del cervello che, quando si attiva, aumenta la produzione di immagini visive autobiografiche, in connessione con la musica.

Dalla somministrazione di LSD con l’ascolto di musica negli anni ’70, sono nati studi che hanno portato all’elaborazione di uno dei metodi-pilastro della musicoterapia: il Metodo Bonny, altrimenti detto metodo GIM “Immaginazione Guidata e Musica. Tale metodologia prevede quattro fasi: preludio, induzione, viaggio musicale e prologo; in ciascuna di queste, il terapeuta supporta il paziente, aiutandolo prima a definire le aree su cui andare a lavorare, poi portandolo ad uno stato di rilassamento tramite training autogeno e infine all’ascolto di musica classica (con cd creati dalla stessa Helen Bonny) in cui il paziente è invitato a raccontare ciò che sta visualizzando grazie all’ascolto. Alla fine, la fase del prologo serve e riprendere consapevolezza e realizzare un artefatto o una poesia, che sarà il prodotto e il simbolo del suo viaggio.
Per saperne di più sulla musicoterapia in generale, qui trovi il topic di Restart dedicato.

È stato visto, inoltre, come alcuni generi musicali possano essere considerati come l’equivalente sonoro di alcune droghe.
L’MDMA o la cocaina, ad esempio, sono associabili alla musica house poiché provocano movimenti ripetitivi e alta reattività, che sono gli stessi effetti di questo genere di musica. Le anfetamine, invece, sono iperstimolanti e spesso gli effetti sono descritti con frasi come “ti senti martellare il cervello”: un po’ come fa la musica techno. La cannabis, invece, per i suoi effetti lenti e rilassanti, è connessa per antonomasia al reggae, mentre LSD e i funghi allucinogeni li colleghiamo immediatamente al genere shoegaze o alla musica anni ’70, entrambi caratterizzati da atmosfere oniriche e fluide con effetti molto potenti sulla percezione dei colori, proprio come gli effetti degli acidi.


Ma cosa succede nel nostro cervello?

Zach Walsch, neuroscienziato e professore del dipartimento di Psicologia all’Università della British Columbia, dai suoi studi (2017) ha potuto notare come una parte fondamentale del nostro cervello implicata in questo fenomeno è il locus coeruleus, la quale sembra essere deputata al riconoscimento delle novità. Le droghe, infatti, producono sul cervello quell’effetto di “rintracciare la novità”, cioè tutta quella parte di esperienza alla quale, senza sostanze, non riusciremmo ad accedere. State pensando a ciò che sto pensando anch’io? Beh, certo, anche la musica fa esattamente questo effetto! Pertanto, conclude Walsh, il mix di entrambe provoca un effetto esponenzialmente potenziato e la sensazione è proprio quella di novità assoluta: un’esperienza completamente rinnovata e unica della percezione della musica.

Inoltre, si sa che le droghe sono in grado di agire sulla nostra mente frenando quello che conosciamo bene come overthinking: il continuo pensare e rimuginare sulle informazioni e i ricordi che abbiamo del nostro passato e di ciò che ci fa paura del presente e del futuro. Grazie a questo “blocco”, diventiamo capaci di concentrarci sulla musica senza essere distratti dall’invadenza dei pensieri e di goderci al massimo il momento.


Attenzione alle conseguenze!

Questo articolo ha l’obiettivo di approfondire la conoscenza su una tematica estremamente interessante e che da tempo è oggetto di svariati studi scientifici. Ma è importante ricordarci che l’assunzione di droghe non è un’abitudine salutare e può essere foriera di gravi conseguenze, sia sul piano fisico che su quello psicologico. Infatti, chi soffre di tossicodipendenza riferisce come questa problematica sia molto invadente nella vita quotidiana e che il mito dello “smetto quando voglio” è assolutamente falso. L’intossicazione prolungata da sostanze altera la plasticità neuronale, produce cambiamenti nel comportamento, aumentando l’aggressività e l’impulsività, oltre alle alterazioni delle emozioni e della capacità decisionale.


Essere informati riguardo gli effetti delle droghe, infatti, significa per noi non solo fare divulgazione ma anche aumentare la consapevolezza dei rischi e cercare quanto più possibile di prevenire potenziali danni a breve e lungo termine.



Bibliografia

  • Blood, A. J., & Zatorre, R. J. (2001). Intensely pleasurable responses to music correlate with activity in brain regions implicated in reward and emotion. Proceedings of the national academy of sciences98(20), 11818-11823.
  • Carhart-Harris, R. L., Muthukumaraswamy, S., Roseman, L., Kaelen, M., Droog, W., Murphy, K., … & Leech, R. (2016). Neural correlates of the LSD experience revealed by multimodal neuroimaging. Proceedings of the National Academy of Sciences113(17), 4853-4858.
  • Fava, M. Oltre la musica e la terapia Riflessioni epistemologiche e modelli teorici in musicoterapia.
  • Kaelen, M., Roseman, L., Kahan, J., Santos-Ribeiro, A., Orban, C., Lorenz, R., … & Wall, M. B. (2016). LSD modulates music-induced imagery via changes in parahippocampal connectivity. European Neuropsychopharmacology26(7), 1099-1109.
  • Lam, K. C., & Jadavji, N. M. (2018). Seeking Happiness: Understanding the Mechanisms of Mixing Music and Drugs. Journal of Young Investigators34(5).
  • Lyttle, T., & Montagne, M. (1992). Drugs, music, and ideology: A social pharmacological interpretation of the Acid House Movement. International Journal of the Addictions27(10), 1159-1177.
  • Walsh, Z., & Lomness, A. (2017). Shifting perspectives: psychoactives, medicine, and drug culture.
  • Winstock, A. R., Griffiths, P., & Stewart, D. (2001). Drugs and the dance music scene: a survey of current drug use patterns among a sample of dance music enthusiasts in the UK. Drug and alcohol dependence64(1), 9-17.



di Michela Galluccio e Federico Buffagni